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CLASSIFICA CLASSI PRIME

AUTORE: L. Bonucci, F. Ceniti
TITOLO: IL MIO AMICO LEO
RECENSIONE DI: CASELLI ANDREA 1F plesso Ascoli
PRIMO CLASSIFICATO CLASSI PRIME

Andrea è un ragazzino di dodici anni che, dopo la morte del padre, si è trasferito in Brianza con la madre. Qui deve ricominciare una nuova vita, nuovi amici, nuova scuola, nuovi insegnanti…
Però ha da sempre amato il calcio, l’unico punto fermo della sua vita. Infatti è riuscito a guadagnarsi un posto da difensore nella squadra della città, anche se ha un anno meno di tutti gli altri. La sa squadra preferita è la Juventus, anche se il padre tifava la Fiorentina. Il suo idolo è Leonardo Bonucci: lo ammira e segue tutte le sue partite.
È bravo a scuola e ora va in seconda media alla Giovanni Pascoli. È autonomo e sua madre è contenta. Grazie al suo carattere aperto, Andrea riesce subito a fare amicizia con i compagni, ma questo attira l’attenzione e la gelosia di Giovanni, il bullo della scuola, che insieme alla sua banda -i Teschi- lo prende di mira. All’inizio gli attacchi sono poco frequenti e innocui, ma poi diventano sempre più continui e pericolosi. A quest’età è difficile confidarsi con gli adulti, perché si crede di fare la figura della spia o della femminuccia, quindi il ragazzo non dice niente a nessuno. Però a un certo punto iniziano a condizionarlo anche in campo e decide di rivolgersi al suo idolo.
“Farò così: scriverò una lettera a Leo. Gli chiederò consiglio per difendermi meglio durante le partite e anche sui Teschi. A lui posso dirlo, lui può capirmi. Ciao Leo, mi chiamo Andrea, ho quasi tredici anni e anch’io gioco in difesa…..”
Mai avrebbe sognato che potesse rispondergli e neanche che avrebbe aiutato Giovanni…….
“Il mio amico Leo” è una storia di coraggio e di amicizia, contro il bullismo, che aiuta i ragazzi vittime del bullismo e gli dà una spinta a reagire. Un bullo è un fesso. E’ uno che deve affermare se stesso non in ragione della sua intelligenza, ma in virtù della paura che riesce a indurre nella sua malcapitata vittima.
Il libro mi è piaciuto molto perché tratta un argomento riuscendo a renderlo divertente. Poi fa capire l’importanza dello sport e dei valori che ci dà. Inoltre mi piace l’idea che i soldi ricavati vadano ad un’associazione che si occupa di bambini malati.


AUTORE: M. Lodi
TITOLO: BANDIERA
RECENSIONE DI: ROSSI LAURA 1C plesso Dalmazia
SECONDO CLASSIFICATO CLASSI PRIME

Il libro che ho scelto parla di una foglia di Ciliegio. E’ l’unica che, mentre tutte le altre erano ormai cadute, sventolava dalla cima dell’albero più alto. Il nome della foglia è Bandiera, una foglia ribelle che non vuole morire per vedere cosa verrà dopo. La morale è che bisogna inseguire i propri sogni nel cassetto e, anche se come nel caso di Bandiera è complicato che si avverino, basta rincorrerli un po’ più velocemente. Anche se a volte riescono a sfuggire bisogna provare a rincorrerli di nuovo, poi ancora scappano per ritrovarli.
Un insegnamento ricavato dalla lettura è: “il mondo è bello ma, per essere felici, bisogna lottare sempre”.
Io penso esattamente quello che dice Mario Lodi, bisogna lottare sempre, in qualsiasi momento, con tutte le forze e non bisogna mai sentirsi affranti e lasciar perdere. Le ultime pagine sono commoventi: “Ora vi saluto, sorelline, vado a dormire anch’io. Così dicendo si staccò dolcemente dalla pianta e restò lì, abbracciata al terreno, a diventare sangue della pianta e ad essere utile anche da morta a chi le aveva dato la vita”.
Questa citazione mi fa pensare alla mia famiglia, a quello che saranno per me per sempre, anche quando per motivi lavorativi o di studio mi staccherò da loro. Il distacco sarà solamente con il corpo perché con la mia anima sarò sempre con loro e per loro sarò “sangue”.
Quando avranno bisogno ci sarò sempre.


AUTORE: J.K. Rowling
TITOLO: L’ICKABORG
RECENSIONE DI: ALOJA ANDREA 1H plesso Ascoli
SECONDO CLASSIFICATO EX AEQUO

L’Ickaborg è un racconto fantasy ambientato nell’immacolato regno di Cornucopia, dove si narra che nelle aspre e gelide paludi del nord vive un mostro spaventoso….. Si dice che sia alto come due cavalli e chi se lo trova davanti è spacciato. Due nobili, con mio grande dispiacere, decisero di trarre profitto dalla leggenda dell’Ickaborg, fortunatamente quattro ragazzi compirono un’impresa mai tentata prima……
Da questo libro ho ricavato numerosi temi importanti: innanzitutto, da come si sono comportati i due infedeli nobili di corte, ho capito che devo stare attento alle false amicizie e dalla loro avvincente storia ho capito che la speranza è sempre l’ultima a morire.
Una frase significativa che ho trovato per spiegare la fine è: “Io so soltanto che le nazioni, come gli Ickaborg, possono diventare più buone grazie alla gentilezza, ed è per questo che il regno di Cornucopia visse per sempre felice e contento”. Questa frase significa molto e in poche parole dice che anche se alcune persone sono malvagie o cattive se si impegnano anche loro possono cambiare come ha fatto l’Ickaborg, perché niente è impossibile.
Personalmente l’Ickaborg l’ho trovato un libro molto interessante e avvincente e con una giusta dose si suspence, infatti io l’ho finito in pochissimo tempo perché solo il pensiero di andare a dormire senza sapere cosa sarebbe successo nella pagina dopo mi faceva restare attaccato alle pagine. Fra tutti i colpi di scena e i cibi più deliziosi di quanto si possa immaginare ti riesce a dare la sensazione di essere tu il protagonista della storia.
Se potessi avere due desideri il primo sarebbe di andare a Chorxville, la capitale di Cornucopia e mangiare delle Celiz celesti; il secondo sarebbe di sbattere in prigione i due nobili di corte, ma se loro non avessero inventato quella grande bugia ora nessuno potrebbe leggere questo magnifico capolavoro. Alla fine, con mio assoluto piacere, gli antagonisti hanno avuto ciò che si meritavano e io sono tornato a dormire delle notti tranquille.


AUTORE: S. Tamaro
TITOLO: SALTA BART
RECENSIONE DI: DE SANCTIS GIORGIA 1D plesso Dalmazia
TERZO CLASSIFICATO CLASSI PRIME

Prima che Bart nascesse c’è stato un dibattito tra i genitori e la nonna per come chiamarlo, perché pensavano che se lo avessero chiamato con il nome di un genio lo sarebbe diventato anche lui. Bart è un bambino di dieci anni con i genitori ancora in carriera e una casa super moderna e tecnologica dove ci sono videocamere, cellulari, computer con cui Bart passa il resto del tempo, controllato a distanza dai genitori.
Bart è sempre da solo e ha un solo amico, un peluche che gli viene sottratto dalla mamma, pensando che fosse un’inutile distrazione per il bambino.
Lui ha una giornata piena di attività; praticando anche karate inizia a conoscere il suo nuovo maestro che ben presto gli regala una gallina, Zoe, con cui si sfoga e prova nuove sensazioni, come l’amicizia …….
Questo libro presenta diverse tematiche, tra cui la solitudine, emozione che prova Bart fin da quando è piccolo perché i suoi genitori sono riusciti ad accudirlo ed educarlo solo virtualmente.
Un’altra tematica è l’amicizia che sviluppa stando con Zoe, una semplice gallina che “gli svolta” la vita facendo diventare giornate tristi e noiose in scherzose e divertenti. Un insegnamento molto importante è quello della tecnologia che usa Bart per avere contatti con i genitori.
Spesso noi, senza accorgercene, ci ritroviamo da soli, chiusi in camera con il telefono. Questo libro mi è piaciuto molto e mi ha appassionato perché mi ricorda la “battaglia” contro la pandemia che ci ha costretto a stare chiusi in casa senza avere contatti umani e facendoci trascorrere giornate terribili e infinite, attaccati al computer e a fare lezioni online. Questa vita che abbiamo trascorso assomiglia a quella che vive Bart tutti i giorni prima dell’amicizia con Zoe.


CLASSIFICA CLASSI SECONDE

AUTORE: P. Mastrocola
TITOLO: L’ANNO CHE NON CADDERO LE FOGLIE
RECENSIONE DI: FERDICO LUCREZIA 2B plesso Dalmazia
PRIMO CLASSIFICATO CLASSI SECONDE

Questo racconto parla di una doppia storia d’amore tra due foglioline e due scoiattoli. Lina era una piccola foglia cresciuta sul ramo più vecchio, secco e basso di un albero di tiglio. Era una foglia capricciosa e irrequieta ma, soprattutto, ribelle. Era molto isolata dalle altre foglie del suo albero, stava su un ramo basso, ma sul finire della primavera incontrò Ippi, una foglia di ippocastano cresciuta anche lei su un ramo molto basso. Legarono subito in una grande amicizia ma col tempo si innamorarono. La legge degli alberi dice che quando arriva l’autunno le foglie cadono e ne crescono altre la primavera successiva. Lina non voleva. Era troppo innamorata e non accettava di dover cadere e abbandonare Ippi, così decise di parlare con il suo amico vento che, dopo molte riflessioni e perplessità, accettò di non soffiare per tutto l’autunno e l’inverno. All’inizio nessuno si accorgeva che le foglie non cadevano, se non i bambini che giocavano sempre con loro. Anche i giardinieri se ne accorsero perché non potevano né rastrellarle né lavorare. I genitori erano talmente presi da tantissimi altri problemi che dicevano “Ma sì, prima o poi cadranno” e davano la colpa al clima. Anche la scoiattolina Squirri era molto preoccupata: le piaceva molto guardare, dalla finestrella dell’albero, Volpo, un cucciolo di volpe molto simpatico, che giocava a basket, cosa che piaceva anche a lei, ma non aveva mai osato dirlo. Dal momento in cui le foglie non cadevano più, la scoiattolina non sapeva che fare. Troverà una soluzione? Troverà il coraggio di parlare con Volpo? Come finirà la storia d’amore tra le due foglioline?
Questo libro tratta di temi importanti come l’amore, un sentimento forte per il quale si soffre molto ma si lotta per portarlo avanti. Parla dell’amicizia, ma anche dell’odio.
Una frase molto importante è: “I diritti a questo mondo non si negano a nessuno”. Si riferiva a Lina che la borbotta perché non è giusto che le foglie dei sempreverdi non cadano mai come il suo, invece. Sono d’accordo con questa frase parlando in generale. Un’altra frase è: “Il bello della vita è proprio che a un certo punto bisogna lasciarla: e tutto quel che ci piace, ci piace proprio perché finisce”. Questa frase fa riflettere tanto, non è semplice da comprendere, ma può farti vedere le cose da un altro punto di vista. Per esempio io dico che la vita è un regalo, è una sola e va vissuta al meglio e quello che succederà dopo è solo un mistero che nessuno sa e che nessuno potrà mai svelare.
Questo libro mi è piaciuto particolarmente, mi sento parte di esso e se dovessi identificare un personaggio sarebbe, senza dubbio, Lina. Ha un carattere simile a me e la sua storia mi assomiglia particolarmente. Lo consiglio a chiunque, è semplice, veloce da leggere ma ha una storia ricca di riflessioni ed emozioni che, a parer mio, possono lasciare un segno nella vita di tutti.


AUTORE: L. Ballerini
TITOLO: HANNA NON CHIUDE MAI GLI OCCHI
RECENSIONE DI:  IBRA CHIARA 2F plesso Ascoli
SECONDO CLASSIFICATO CLASSI SECONDE

Salonicco 1943. In questo libro, semplice e scorrevole, adatto a ogni età, si susseguono due intriganti ed emozionanti racconti.
La prima storia parla delle ingiustizie e delle sofferenze che Hanna, la protagonista, e Yosef, appena trasferito a casa sua, devono sopportare a soli quindici anni, per il solo fatto di essere ebrei. Tutto è iniziato da una semplice stella gialla, cucita sul petto, però nel tempo aumentano le restrizioni e si ritrovano chiusi in un ghetto, senza la possibilità di una vita normale, a differenza delle persone non ebree.
Continuamente i treni per i lavori forzati giungono a Salonicco, ma le persone no, loro non tornano, partono soltanto.
Contemporaneamente si possono leggere gli sforzi del console Zamboni nel cercare di salvare gli ebrei. “Avremmo potuto non farlo? Avremmo potuto non aiutare quelle persone?”. Questa domanda al capitano Lucillo Merci, il console mi ha fatto capire quanto si sentisse in dovere di salvarli, per qualche istante anch’io avrei voluto dare una mano, tanto mi sono immedesimata nel personaggio. Con un finale commovente si incontrano le due storie che creano un travolgente vortice di emozioni e sentimenti.
“Ci potranno togliere tutto ma non i ricordi, nemmeno la voglia dii raccontarli, di condividerli con chi amiamo. Possono rimuovere le foto, nasconderci i libri, portare via gli oggetti dalle nostre vite, ma non possono impedirci di pensare e di ricordare, almeno finchè siamo vivi”. E’ così che si presenta il retro del libro, ed è per questo che mi sono fermata a riflettere. Uno dei suoi tanti scopi, una frase incisiva che lascia i segni, cicatrici che non si possono, anzi, non si devono mai togliere.
Hanna e Yosef affrontano le crudeltà naziste, le ingiustizie, le restrizioni, l’odio e la solitudine, per me sono usciti vincitori. Non importano i loro difetti o se hanno dovuto fare sacrifici. Quel che so per certo è che se fossimo tutti come loro il mondo sarebbe senz’altro migliore.
Appena finito il libro avrei voluto ricominciarlo, vivendolo come la prima volta perché questo libro non si legge: si vive.


AUTORE: D. Sorents
TITOLO: COME UNA PIUMA
RECENSIONE DI: MONGARDI ANITA 2F plesso Ascoli
TERZO CLASSIFICATO CLASSI SECONDE

Reenie è una ragazza di dodici anni che per problemi familiari si trasferisce a vivere da una vecchia zia che non ha mai conosciuto. E’ arrabbiata e non ha nessuna voglia di integrarsi nel nuovo ambiente. La zia, molto accogliente, ha una grande passione: la falconeria. Reenie si appassiona e il giorno in cui trovano un cucciolo di gufo in fin di vita, la sua vita cambia. Rufus è un gufo diffidente e arrabbiato, a cui è stato portato via tutto, come a lei. Non sa né volare né cacciare, è ferito gravemente e non può sopravvivere. Forse essere soli in due è diverso. Forse per entrambi è venuto il momento di aprire le ali.
Questo libro parla dell’amore e dell’appoggio tra umani e animali. Ci insegna che l’amicizia fa vedere il mondo in un modo diverso. Ci insegna anche che non bisogna ignorare o allontanare le persone che ci vogliono aiutare, come fa Reenie all’inizio.
Il libro mi è piaciuto moltissimo perché mi sono immedesimata nella ragazza e le parti in cui parla Rufus sono state bellissime: infatti il romanzo è diviso in diverse parti, in cui si alternano i due personaggi.
L’idea dell’autrice è molto originale, il linguaggio è liscio e scorrevole e invoglia il lettore a leggere il libro fino alla fine. La cosa che mi è piaciuta di più è il parallelismo tra le due storie. Lo consiglio a chi è appassionato di storie profonde e a chi ha ricevuto delusioni dagli altri, in modo che ritrovi la voglia di lottare.


CLASSIFICA CLASSI TERZE

AUTORE: P. Levi
TITOLO: SE QUESTO E’ UN UOMO
RECENSIONE DI: CICERI RENATO 3B plesso Dalmazia
PRIMO CLASSIFICATO CLASSI TERZE

Ho scelto questo libro perché, appena l’ho visto, mi ha subito colpito la copertina sulla quale vi è un acquerello su carta di Nicola Magrin, che raffigura un uomo che cammina in uno spazio vuoto accompagnato solo dalla sua ombra. E, in effetti, si trova la solitudine che Levi provava nel lager, dove “ognuno era disperatamente ferocemente solo”.
Infatti, il libro racconta l’esperienza di Levi nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau e le situazioni cui ha dovuto assistere, i drammi che ha dovuto vedere e vivere, i soprusi e le umiliazioni che ha dovuto subire. Nell’incipit, Levi ha inserito una poesia dove si rivolge ai lettori, paragonandoli a persone che vivono in case sicure e confortevoli. Poi li invita a considerare se un uomo che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane e che muore per un sì o per un no possa essere considerato tale. Questa poesia dà senso al titolo.
Nel capitolo “Il viaggio”, il mio preferito, Levi racconta quando lui e gli altri ebrei sono stati caricati sui vagoni merci fino al loro arrivo al campo. Narra le condizioni disumane del viaggio, il freddo, la sete e le sofferenze patite. Una sua frase, che descrive perfettamente quel momento, è: “Fra le quarantacinque persone del mio vagone, quattro soltanto hanno rivisto le loro case, e fu di gran lunga il vagone più fortunato”. Un fatto che mi ha impressionato e colpito è quando Levi racconta le infezioni ai piedi causate dalle scarpe, che non solo non erano della sua taglia, ma anche spaiate: “Ricevevamo scarpe e vestiti, no, non i nostri, altre scarpe, altri vestiti”. Inoltre Levi rimarca la deprivazione di tutto quello che aveva prima del lager: “Nulla è più nostro, ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli….. Ci toglieranno anche il nome e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo”.
Un altro fatto che mi ha colpito è nel capitolo “Le nostre notti” quando Levi racconta che non riusciva a dormire per i continui incubi. Uno di questi, ricorrente, vedeva Levi di nuovo a casa, ignorato dai suoi familiari e amici mentre racconta l’esperienza in lager: “I miei sono del tutto indifferenti, parlano confusamente d’altro fra di loro, come se io non ci fossi”.
Mi è piaciuto molto questo libro perché ti prende dal primo istante. Nulla è scontato. Di tesi sulla Shoah ce ne sono moti, ma questo è particolare perché tratta questo tema in modo diretto, senza censure. Mi ha appassionato lo stile di scrittura di Levi, molto crudo e ricco di particolari, io lo definirei quasi chimico, e infatti egli lo era, oltre che uno scrittore e un poeta.
Lo consiglio vivamente perché è una testimonianza di un capitolo doloroso della nostra storia, sicuramente da ricordare ma da non ripetere.


AUTORE: I. Calvino
TITOLO: IL VISCONTE DIMEZZATO
RECENSIONE DI: BRUNO EMANUELE 3I plesso Ascoli
SECONDO CLASSIFICATO CLASSI TERZE

Il libro narra le vicende di Medordo di Terralba che, in un periodo tra il ‘600 e il ‘700, viene diviso in due da una palla di cannone durante la guerra contro i Turchi. La metà sopravvissuta, ricucita alla meglio dal dottor Trelasoney, medico del campo, torna a casa. Questa è solo la parte cattiva di Medordo, il Grano, come scopriranno a loro spese gli abitanti di Terralba, compie ogni tipo di crudeltà, dal dividere animali e vegetali in due all’instaurare un regime di terrore. La svolta avviene quando suo nipote, che è anche il narratore del racconto, viene salvato dallo zio dal morso di un ragno e capisce che si tratta della metà buona. Ma neanche la ricomparsa del Buono porta equilibrio a Terralba. La sua eccessiva bontà si rivela eccessiva e fastidiosa. Solo quando le due metà vengono ricucite dal medico, ferite a vicenda in un duello per amore della pastorella Pamela di cui entrambi si sono invaghiti, Medordo torna ad essere un uomo intero, né troppo buono né troppo cattivo, quindi solo e semplicemente se stesso.
Sono molti gli insegnamenti che possono essere tratti da questo libro, importanti da queste citazioni:
“Così passavano i giorni a Terralba e i nostri sentimenti si facevano ottusi ed incolori perché ci sentivamo perduti tra malvagità e virtù, ugualmente disumane”. Qui si esprime uno dei temi centrali del testo perché riassume il concetto che gli estremi e gli eccessi, non solo di cattiveria o bontà, non possono durare a lungo senza fare danni.
“Alle volte uno si sente incompleto ma è soltanto giovane”. Qui si spiega perfettamente lo stato d’animo dei giovani, che si sentono inesperti ma in realtà non hanno ancora vissuto abbastanza e pensano sempre che gli manchi qualcosa.
“O Pamela, questo è il bene di essere dimezzato: il capire di ogni persona al mondo la parte che ha di incompletezza”. Questa affermazione del Buono riassume il pensiero calviniano secondo cui tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra, cercando tutta la vita di completarci per raggiungere l’equilibrio.
Quel che rende speciale questo libro, dal mio punto di vista, è l’ironia che lo caratterizza e rende scorrevole la lettura, alla portata di tutti, nonostante tocchi argomenti complessi e profondi. Ad esempio mi ha fatto sorridere questa frase: “Per fortuna che la palla di cannone lo ha solo spaccato in due, se lo faceva in tre pezzi chissà cosa ci toccava vedere!”. Credo che Calvino parli di temi molto attuali, come l’eterno conflitto interiore tra il bene e il male e il senso di incompletezza di ogni uomo. Secondo me gli uomini hanno una natura complessa, che non li può definire esattamente. Non c’è un confine netto tra bene e male, perché ognuno di noi è una moltitudine di cose diverse e per questo siamo unici.
Mi ha anche fatto riflettere il concetto della parola “incompletezza”: quando l’autore parla di essere incompleti perché si è giovani è perché noi giovani ogni tanto ci sentiamo smarriti, ma forse ci manca soltanto l’esperienza. Ciò mi ha dato da pensare: nella vita non è necessario avere la completezza ad ogni costo, bisogna accettare le proprie imperfezioni ed essere se stessi.


AUTORE: A. Christie
TITOLO: DIECI PICCOLI INDIANI
RECENSIONE DI: ACQUAVIVA RICCARDO 3D plesso Dalmazia
TERZO CLASSIFICATO CLASSI TERZE

Oggi sono qui per recensire il famoso libro “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie, un romanzo che dovete assolutamente leggere!
A questo punto, per non rovinare troppe sorprese, vi anticiperò solo l’aspetto che dà inizio alla vicenda: alcuni perfetti sconosciuti (indovinate un po’….. esatto….. sono proprio dieci), dopo essere stati invitati dal misterioso signor Owen, si ritrovano in una casa su un’isola deserta, Niger Island.
A questo punto manca solo un crimine, e voi vi immaginerete il classico omicidio con una vittima e un colpevole….. vi sbagliate, perché con il passare dei giorni “i dieci piccoli indiani diventeranno 9,8,7,6…..e non ne rimane più nessuno”……
Quindi per scoprire il finale vi rimane un’opzione…. Leggere il libro!
Tra le tematiche del racconto, essendo un romanzo giallo, prevale il mistero e, rispetto a tutte le altre storie, lascia il lettore nel dubbio fino veramente all’ultima pagina. Quando l’avevo letto mi ricordo che in ogni capitolo cambiavo i miei sospetti.
Altri due temi importanti sono il coraggio e la paura: il primo perché dimostrano una forza d’animo che io, sinceramente, non avrei mai avuto sapendo di avere intorno un assassino! Il secondo perché si può percepire nei protagonisti, soprattutto quando capiscono, dopo le prime vittime, quale sarebbe stato il loro destino.
Un altro tema è quello della fiducia, perché poi i personaggi cominciano a sospettare che l’assassino sia un altro degli ospiti; questo fatto aumenta ancor di più la paura e i dubbi sia nei protagonisti che nel lettore. Questo, però, è anche un insegnamento, ovvero stare attenti alle persone di cui ci fidiamo.
Infine l’ultimo punto riguarda il genere della storia. Infatti, rispetto ad altri romanzi, ha maggiore originalità, ad esempio l’assenza di un investigatore vero, perché questa figura la rappresentano i protagonisti che sono anche i sospettati.
Di insegnamenti, essendo un romanzo giallo, non ne sono presenti molti, ma l’unico consiglio che vi posso dare, dopo aver letto il libro, è di non accettare l’invito a cena di uno sconosciuto in un’isola deserta! A me è piaciuta molto la storia perché amo i gialli e il mistero, in più in questo ci si può impersonificare proprio nei personaggi, ad esempio io all’inizio mi ritrovavo nel giudice Wagrave.
Quindi vi consiglio assolutamente di leggerlo perché è appassionante in tutti i suoi colpi di scena!


PREMIO DELLA CRITICA CLASSI PRIME

AUTORE: F. D’Adamo
TITOLO: STORIA DI IQBAL
RECENSIONE DI: MAGGI GAIA 1B plesso DALMAZIA

L’autore del libro tratta sempre nei suoi libri argomenti importantissimi su cui tutti dovremmo riflettere….. a me ha colpito particolarmente la storia di Iqbal perché, nonostante tratti un argomento imponente come lo sfruttamento minorile, riesce a spiegarcelo con gli occhi di una bambina e dei suoi amici, facendocelo vivere in prima persona per sensibilizzarci di più.
Iqbal arriva alla fabbrica di tappeti di Hussain Khan un afoso giorno d’estate e viene guardato per tanto tempo come “quello nuovo”, ma non tarda a far amicizia con Fatima. Parlano insieme tutte le sere e si conoscono. Ogni volta che guardano il cielo dalla finestrella della baracca Iqbal le spiega che lui non accetterà quella vita, incatenata ad un telaio. Lui vuole fare qualcosa…….
Devo ammetterlo, questo libro mi ha commossa perché io mi sentivo parte di questa storia in cui, forse per la vicinanza d’età tra i protagonisti e me o forse per l’importanza dei temi che tratta o forse per l’amicizia che lega quei ragazzini….. non lo so con certezza perché mi sono sentita così partecipe, però indubbiamente sono rimasta colpita dai colpi di scena e dal finale che non mi aspettavo.
In tutto il libro c’è stata una frase che ho trovato pienissima di significato: “Ogni sera guardavamo il padrone cancellare con uno straccio uno dei segni sulla nostra lavagna personale e i segni rimanevano sempre uguali, sempre troppi, come sempre”.
I bambini venivano venduti al padrone perché dovevano estinguere un debito aperto dai genitori tempo prima, lo estinguevano lavorando senza sosta, in ambienti dove erano più utili, stavano lì anni interi, per un debito di 20 dollari in media…. Questo è l’esempio della loro stanchezza, stremati dalle ore di lavoro, non badano quasi più al padrone che ogni sera, se il lavoro è compiuto, cancella un segno. Hanno perso le speranze, nella loro testa si fa sempre più spazio l’idea che il debito non si estinguerà mai……
Purtroppo questa è una storia vera e mi fa male dirlo, pensare a come viviamo “nel lusso” noi bambini occidentali che come lavoro sparecchiamo la tavola, mentre loro sono letteralmente schiavi in altre parti del mondo. Ancor oggi, nel 2022, ci sono bambini sfruttati per le loro manine piccole, per l’abilità dei movimenti, ma fortunatamente ci sono tante associazioni contro lo sfruttamento minorile che si battono per salvarli e dare un sostegno alle famiglie, specie in Pakistan.
Dopo aver finito di leggere il libro mi sono venute in mente tre parole che identificano perfettamente il mio pensiero sui fatti di questa storia vera: amicizia, coraggio, determinazione. Esse descrivono le azioni dei ragazzi e di Iqbal, ma io ho pensato a Fatima che, nonostante oggi viva in Italia ed abbia una nuova vita, è riuscita a scavare in quei difficili anni della sua infanzia e a rielaborarli raccontandoceli, in questo magnifico libro. Se non l’avessi già letto lo leggerei perché non è banale la testimonianza di una persona che alla mia età ha vissuto davvero ciò che raccontiamo in classe.
Questo libro mi è stato consigliato dalla mia prof. di italiano, dopo aver fatto lunghe discussioni in classe sul tema dello sfruttamento minorile. Esse mi hanno sensibilizzata su questo tema e fatto capire come sia importante leggere libri del genere per l’originalità delle storie, per il coraggio di chi ce le racconta. Ma soprattutto per essere informati sin da piccoli sui fatti che accadono nel mondo, perciò lo consiglio a tutti, soprattutto ai ragazzi della mia età. Secondo me, se tutti siamo correttamente informati possiamo fare qualcosa e dobbiamo farlo per tutti quelli che sono costretti a lavorare invece di correre in un prato felici!


AUTORE: L. Garlando
TITOLO: PER QUESTO MI CHIAMO GIOVANNI
RECENSIONE DI: LUKASIEWICE ROLAND 1C plesso DALMAZIA

Giovanni è un bambino di Palermo. Per il suo decimo compleanno il papà gli regala una gita attraverso la città per spiegargli come mai, di tutti i nomi possibili, per lui è stato scelto proprio Giovanni.
Tappa dopo tappa, nel racconto prendono vita i momenti chiave della storia di Giovanni Falcone, il suo impegno, le sue vittorie e le sconfitte, l’epilogo. Giovanni scopre che la mafia c’è anche a scuola, la mafia è un nemico da combattere subito, senza aspettare di diventare grandi.
Questo libro mi ha dato un grande giudizio personale. Infatti la prima cosa che mi ha fatto comprendere è di non stare mai zitti e reagire, soprattutto se uno sta facendo cose inopportune. Molto spesso la gente a causa della paura sta in silenzio.
Un altro insegnamento è che non sempre i forti vincono contro i deboli, anzi, purtroppo alcune volte i deboli perdono a causa di persone cattive.
Per fortuna ci sono persone come Giovanni Falcone che fin dalla sua infanzia aiuta a difendere i deboli.
“Quando la pianta è ancora piccola è più facile raddrizzarla. Più cresce storta più sarà difficile farlo dopo”. Anche da piccoli si può combattere contro il mostro. Abituarsi alle prepotenze e scambiarle per leggi giuste è già un modo per perdere la guerra.
Fin da bambini dobbiamo capire cos’è bene e cos’è male. Dobbiamo combattere le prepotenze e capire che chi le compie non ha un modo giusto di comportarsi. Dobbiamo essere piante che fioriscono, con tanti petali colorati, non erbacce che distruggono e soffocano i fiori.


AUTORE: M. Milani
TITOLO: LA STORIA DI ULISSE E ARGO
RECENSIONE DI: MAGNI LUDOVICA 1E plesso Ascoli

All’inizio la vicenda è questa. Ci troviamo a Itaca, la cui rocca era governata dal re Laerte e da sua moglie Anticlea, genitori del principe Ulisse. Un giorno Laerte decide di chiamare da Sparta Anceo, uno dei soldati più forti, per insegnare al figlio come comportarsi in caso di guerra. Ulisse iniziò subito l’addestramento, ma in quel momento arrivò un cane: il principe fece qualche passo indietro e allora il soldato capì che aveva paura, così interruppe l’allenamento. Durante il banchetto, la sera, Anceo rivelò al re che il figlio non era pronto e che l’indomani sarebbe tornato a Sparta. Ulisse continuò l’allenamento con un altro soldato, finchè non arrivò il giorno in cui salvò un cane. Dopo del tempo Laerte decise che era giunto il momento che Ulisse prendesse il posto del re.
Il ragazzo non era convinto, ma il padre glielo ordinò. Gli disse anche che gli aveva già trovato una moglie. Ma l’incontro di Ulisse con la sua futura sposa, Penelope, non fu dei migliori……comunque sia i due si sposarono ed ebbero un figlio, Telemaco. Un giorno però il re partì per la guerra, non vedeva l’ora, ma c’era qualcosa che lo rendeva triste come dover abbandonare la famiglia e il suo migliore amico, Argo. Passò tempo prima che tornasse a casa e non si fece riconoscere da nessuno, tranne che da suo figlio. Argo era vivo, ma era diventato un cane randagio, sporco, pieno di pulci, vecchio. Ulisse fece in tempo a vederlo che il cane morì, là nella paglia. A quel punto si fece riconoscere e sistemò ciò che aveva lasciato in sospeso. Infine seppellì il suo cane Argo ma andava tutti i giorni a trovarlo e a raccontargli quello che aveva vissuto e quello che avrebbero potuto fare ancora insieme.
Tanti sono gli insegnamenti di questo libro. Ad esempio mai giudicare una persona prima di conoscerla, superare le proprie paure, come fece Ulisse con i cani, non arrendersi mai anche se non sei insieme al tuo amico, combattere per entrambi come ha fatto Ulisse, essere fedeli come Argo, riuscire ad andare avanti con la perdita di qualcuno che ci sta a cuore, senza dimenticarlo, trovare sempre una via d’uscita, ingegnarsi a trovare una soluzione come ha fatto Ulisse, avere fiducia come ha fatto Penelope.
Oltre a trattare dell’Odissea, questo libro trasmette molte emozioni, come il dolore che provò Ulisse con la perdita del suo cane, la felicità di Telemaco nel rivedere il padre e la paura di Ulisse. Mi ha appassionata fin dall’inizio e una delle tante cose che mi hanno colpito di più è stato il rapporto tra Ulisse e Argo. Anche essendo diversi i due si capivano, si aiutavano l’un l’altro con il loro affetto reciproco.


AUTORE: D. Cirici
TITOLO: MUSCHIO
RECENSIONE DI: PACI LORENZO 1I plesso Ascoli

Questo libro parla di un cane d’appartamento, Muschio, che smarrisce i suoi padroni durante la Seconda Guerra Mondiale, ritrovandosi allo stato randagio.
Fa amicizia con molti cani, che lo accompagnano alla ricerca dei suoi padroni. Il protagonista si avvicinava sempre di più alla sua famiglia, seguendone gli odori mischiati al puzzo di un mondo grigio, senza colori, senza felicità e senza pace.
Alcune parti importanti del libro raccontano episodi in cui, per altrettanti motivi, il gruppo dei randagi viene separato: c’è di continuo il viaggio impossibile, ma triste dentro, e chi segue i movimenti dall’alto, in un posto dove le guerre non esistono. Molti membri vengono perduti per via di animali feroci, ma, soprattutto, per via degli stessi esseri che hanno inventato la guerra, armati di fucili.
Gli odori per un cane, si sa, sono importantissimi punti di riferimento. E’ così che Muschio riesce ad andare avanti, ma odia i rumori che gli ricordano i dolori che prova dentro di sé: ecco perché soffre, per lui i brutti ricordi fanno male almeno quanto lo farebbe un fucile. Era abituato ad essere coccolato, ma non gli è arrivato più neanche un grattino. Era abituato ad avere la pappa pronta nella sua ciotola personale, ma adesso è diventato pericoloso anche mangiare, dato che era costretto a rubare il cibo alle persone. Si è ritrovato a combattere contro animali feroci, come un cinghiale o, peggio, un leone. E’ stato catturato e fatto combattere in un circo solo per far guadagnare o perdere soldi agli spettatori con le scommesse. E’ successivamente stato venduto ai soldati per fare da guardia ai prigionieri, ma è proprio grazie ad uno di essi che è riuscito a scappare. E molto altro ancora…….
A mio parere questo libro insegna che la guerra porta solo dolore e morte e che altre persone -o altri esseri viventi, appunto- innocenti vengono coinvolte in avvenimenti molto più grandi di loro, a rischio della vita. Questo libro ha suscitato in me molto interesse, benchè non tanto lungo, perché la prima volta in cui l’ho letto ero più piccolo. Visto che sono un tipo pacifista, non mi aspettavo né capacitavo che le persone potessero essere così crudeli. Praticamente non ci credevo. Ma mi sbagliavo.
Ho capito che la guerra esiste, eccome se esiste, ed è la cosa più brutta creata dall’umanità ma, insieme, la si può fermare.
Oltre a trovarlo molto avvincente è anche significativo, educativo. Forse potrebbe rendere il mondo un posto migliore.


PREMIO DELLA CRITICA CLASSI SECONDE

AUTORE: L. Segre
TITOLO: SCOLPITELO NEL VOSTRO CUORE
RECENSIONE DI: NEGRI AZZURRA 2B plesso Dalmazia

Liliana Segre è attivista, senatrice a vita, superstite dell’Olocausto. La sua vita cominciò a cambiare quando nel 1938 venne espulsa dalla scuola. Frequentava la terza elementare e l’unica cosa che sapeva era che per essere espulsa bisognava aver fatto qualcosa di sbagliato, di brutto. Nella testa le ronzava una domanda: “perché?”
Da quel momento Liliana cominciò a vedere tutto quello che la circondava con altri occhi. La persecuzione l’aveva annientata psicologicamente perché questo, agli occhi di chi non voleva né vedere né sapere, non significava nulla.
Liliana era riuscita a stare sempre con suo padre, tranne che nei campi. Uomini e donne venivano divisi e i due non si rividero mai più.
Dice di aver avuto molta fortuna nella vita, ebbe tre figli, il primo dei quali si chiama Alberto come suo padre. Egli la riempie d’amore, si occupa di lei, è quasi paterno. In questi momenti pensa a suo padre che in prigione chiedeva perdono di averla messa al mondo. Nel campo si sviluppò in lei un forte attaccamento alla vita, una vocina nella testa le diceva di non mollare.
Liliana, come tutti i sopravvissuti, lotta per impedire che un avvenimento di questo tipo possa riaccadere, ma a quanto pare l’umanità ha bisogno di odio, ha bisogno di guerra. Il covid ha danneggiato tutti e ora che si vedeva una piccola luce nell’oscurità scoppia la guerra.
Ad aprire le porte dell’odio ci sono l’indifferenza, l’intolleranza, il disprezzo. Si finge di non vedere e, a volte, di non sapere, si evitano determinati discorsi per non guardare.
Anche i parenti, le persone amate a volte vogliono sapere. “Adesso è tutto passato, devi ricominciare a vivere” dicevano a Liliana le zie. Volevano la vecchia lei, ma non esisteva più. Senza passato non c’è futuro ed è quando questo concetto si apprende che finalmente si impara l’importanza di ricordare. Liliana ha trovato il coraggio di testimoniare, ma neanche lei sa rispondere a tutte le domande che le fanno e, soprattutto, alle domande che si poneva da giovane. “Perché proprio io ero sopravvissuta”, forse era un segno, aveva il compito di testimoniare, in onore di chi doveva crescere, avrebbe voluto diventare una madre o un padre di famiglia, ma che è stato ucciso “per l’errore di essere nato diverso”.
Questo libro insegna anche solo leggendo il titolo “Scolpitelo nel vostro cuore”, è un modo per dire ai lettori e a tenere stretti i concetti, di portare avanti i ricordi e coltivare i pensieri. I superstiti dell’Olocausto non vivranno per sempre, come loro hanno portato avanti l’orrore di chi è stato ucciso ingiustamente, noi dobbiamo combattere per rammentare coloro che hanno lottato per la libertà, non chiudendo gli occhi davanti alla paura, che non si sono lasciati alle spalle il passato e hanno messo le basi per il futuro con meno odio, ma che a quanto pare non sono in grado di avere.


AUTORE: E. Maino
TITOLO: NON TI SCORDAR DI ME
RECENSIONE DI: ESPOSITO ALICE 2A plesso Dalmazia

È questa la seconda parte del libro “#Ops” della stessa autrice.
Il romanzo parla di una ragazza, di nome Evelyn che, finita l’estate, è riuscita a realizzare il suo sogno, entrare all’Accademia di danza.
Lascia la montagna, luogo estivo di vacanza, la nonna Lea, la sua amica d’infanzia Alice e il suo fidanzato Chris. Le aspettative sull’Accademia sono troppe alte, ma viene messa in stanza con Rose Villa, la peggiore compagna che poteva incontrare nonché la bulla della scuola. Per fortuna l’amicizia con un ragazzo di nome Cameron la incoraggerà molto e l’aiuterà nei problemi che dovrà affrontare.
Passo dopo passo riuscirà ad andare d’accordo con Rose, benché difficile, riuscirà a mantenere buoni rapporti al di fuori dell’Accademia e a diventare una ballerina professionista.
Questo libro ricorre a temi importanti, tra cui non smettere di lottare per inseguire i propri sogni e continuare a combattere nonostante si affrontino problemi che paiono insormontabili, che fanno cambiare rotta. Invece ti insegna a focalizzarti sull’obiettivo che vuoi realizzare. Ci saranno sempre persone che ti diranno che non ce la puoi fare, come è successo ad Evelyn. Inoltre c’è il tema importante dell’amicizia. Purtroppo Evelyn non riuscirà a gestire tutto, specialmente le amicizie lontane dallo studio, come Jonny e Leila.
Ma il bene trionfa su tutto e alla fine riuscirà a riallacciare i rapporti, capirà che dovrà mettersi nei panni di Rose e diventeranno migliori amiche, nonostante il passato. L’amicizia sarà importante.
Io penso che questo libro sia bellissimo.
Descrive dettagliatamente i personaggi.
Mi ha suscitato varie emozioni, tra cui la speranza, la felicità ma è ben descritto e anche nei momenti più bui ho potuto immedesimarmi con la protagonista, facendomi sentire come lei.
Alla fine del romanzo c’è una frase in cui Evelyn esprime il suo pensiero: “Penso che qualsiasi cosa accada questa volta non sarò più sola, perché sono circondata da così tanto splendore che mi dà forza. So che questa pace resterà con me, perché è già dentro il mio cuore. Non posso scordarmi”.
È come se Evelyn dicesse che non vuole scordarsi di tutto ciò che ha passato per arrivare al lieto fine. Tutto ciò che ha provato, le emozioni forti, i sentimenti, non se li vuole dimenticare, perché è così che è riuscita a farcela.


AUTORE: L. Segre
TITOLO: FINO A QUANDO LA MIA STELLA BRILLERÀ
RECENSIONE DI: GIOVANNETTI LEONARDO 2E plesso Ascoli

Liliana Segre è una giovane ragazza che vive a Milano. Sua madre è morta quando aveva un anno per una malattia terminale, mentre il padre è di origine ebrea. Durante la prima gioventù di Liliana, Mussolini promuove le leggi razziali. A tredici anni, dopo la tentata fuga in Svizzera, Liliana e il padre vengono deportati nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Il padre e i nonni saranno uccisi nel lager. Liliana invece sopravvisse e quando ne ha la possibilità decide di non uccidere il suo carceriere. Torna a Milano a quattordici anni e vive prima dagli zii poi dai nonni. Conosce il suo futuro marito, che sposerà a soli vent’anni.
Uno degli insegnamenti più importanti del libro è quello di non ritirarsi mai dalla lotta, fisicamente e mentalmente, non arrendersi. La Segre è riuscita a sopravvivere con la sua forza di volontà e un grandissimo amore per la vita e questo ci insegna che anche noi possiamo lottare quotidianamente nella vita molto più di quanto facciamo.
Un’altra tematica fondamentale è quella della solidarietà, che in questa storia vera è mancata del tutto. Una delle frasi più belle che scrive è: “L’indifferenza fa male. E’ l’arma peggiore, la più potente, perché se qualcuno ti affronta e ti vuole far del male tu puoi difenderti. Ma se intorno a te c’è il silenzio, come fai a difenderti?”. Secondo me è una grande verità ed è la caratteristica fondamentale dei genocidi, sia quelli passati che quelli attuali.
Ho gradito molto il libro in questione.
Tolta la scorrevolezza perfetta per un pubblico di ragazzi, che dovrebbe essere sempre presente in un libro, ho apprezzato i temi trattati. Scrivere un libro sull’esperienza vissuta nei campi non deve essere stato facile, specie se si è perso tutto: i propri cari, la casa, le proprie cose, la spensieratezza, la serenità. Ma la Segre ci è riuscita, dopo anni ha metabolizzato il dolore e ad esprimerlo, cosa che deve essere stata davvero faticosa. Ammiro molto la sua forza di volontà, un esempio per tutti.


AUTORE: G. Mazzariol
TITOLO: MIO FRATELLO RINCORRE I DINOSAURI
RECENSIONE DI: DEL VISCIO MADDALENA 2H plesso Ascoli

Il libro inizia parlando di un ragazzo di nome Giacomo (Mazzariol), che vive con due sorelle, Alice e Chiara, una mamma e un papà. Un giorno i suoi genitori gli dicono che avrebbe avuto un fratellino speciale, però per lui la parola “speciale” equivale a supereroe, cosa fantastica quando hai cinque anni, ma poi quando questo fratellino arrivò a Giacomo non sembrò più così speciale come se lo aspettava e con il tempo iniziò a farsi domande. Ad esempio: perché avesse gli occhi a mandorla, o perché facesse così fatica a parlare senza dover far uscire una quantità esorbitante di bava e per quale motivo non avesse ancora imparato a camminare a sei anni. Con il tempo Giacomo non cercò più risposte e nascose in un angolino quelle domande finendo per nascondere ai compagni l’esistenza di Giovanni, odiandolo ogni giorno di più. Poi però durante questa adolescenza Giacomo dall’odio riuscì a vedere quanto in realtà suo fratello fosse fantastico anche con i suoi difetti e quanto fosse speciale.
Il tema principale di questo libro è l’uguaglianza, insegna a tutti a non classificare le persone. Alice diceva: “Loro ridono di noi perché siamo diversi e allora noi rideremo di loro perché sono tutti uguali”.
Come lettore o lettrice trovo questo romanzo per ragazzi molto semplice, riesce a trasportarti nella vita dello scrittore e a mostrarti il suo rapporto con il fratello. Quando l’ho letto mi sono imbattuta in diverse emozioni come la gioia e la tristezza, due opposti che per me navigano in quelle pagine travolgenti e riflessive.
Ad esempio, verso la fine del libro lo scrittore dice quanto suo fratello si fosse appassionato ai video di you tube e questo mi ricordò un mio caro amico anche lui molto appassionato. Per questo iniziavo a non sopportarlo più quando mi chiedeva di aiutarlo. Dopo aver letto questo libro capii quanto fosse per lui un modo per passare il tempo e quante altre cose avevo sottovalutato.
E’ stata proprio una bella lettura.


PREMIO DELLA CRITICA CLASSI TERZE

AUTORE: F. D’Adamo
TITOLO: STORIA DI IQBAL
RECENSIONE DI: LEOTTA LUDOVICA 3D plesso Dalmazia

Il libro parla di uno dei temi più importanti del mondo d’oggi: lo sfruttamento minorile. Iqbal Masih è un ragazzo pakistano che a soli dodici anni viene venduto dalla sua famiglia, per lavorare in una fabbrica di tappeti, per soli 15 dollari. Per il suo padrone, Hussain Khan, egli si rivela un prodigio: riesce a creare tappeti pregiatissimi e il padrone guadagna di più. Tuttavia il carattere di Iqbal è molto forte, uno dei suoi pensieri fissi è la fuga -che tenterà ben due volte- e per il suo comportamento verrà punito duramente. Qui Iqbal incontra Fatima, che lo aiuterà il più possibile nel momento del bisogno. Hussain promette a tutti i ragazzi che, ultimato il lavoro, saranno liberati -cosa ovviamente falsa perché il suo solo obiettivo era farli lavorare utilizzando anche la “psicologia”-. Quando si comportano male vengono messi nella Tomba, una fossa profonda, buia, dove non ricevono né cibo né acqua per giorni e, a volte, anche per settimane.
Iqbal riesce a fuggire e a chiamare la polizia, che si dimostra corrotta, e ciò fa capire che per tutto c’è un prezzo, dato che per denaro Iqbal viene restituito a Hussain. La seconda volta in cui fugge, Iqbal chiede aiuto al Fronte di Liberazione dei Minori. Riuscirà ad ottenere la libertà per sé e per tutti?
Questo libro è ricco di tematiche di scottante attualità. Prima di tutto si parla di sfruttamento minorile. Leggendolo possiamo capire i pensieri di questi ragazzi e possiamo immedesimarci in quello che per loro è stato il momento peggiore della loro vita. Una frase che mi ha particolarmente colpito è: “Credevo che rimanere incatenati ad un telaio, a intrecciare fili facesse parte dell’ordine naturale delle cose, oppure di quelle sventure della vita che non si possono evitare”. Da qui ho capito quanto l’uomo possa distruggere perché anche solo pensare di meritare la schiavitù è la cosa più brutta che un ragazzo di dodici anni possa pensare di se stesso.
Legata a questa tematica c’è quella della paura che essi provano ogni giorno, temendo di parlare, di fare qualcosa di sbagliato, di svegliarsi tardi al mattino, dimenticandosi di servire il padrone e, perciò, essere puniti.
La tematica più importante, però, riguarda i diritti di ogni bambino. In Pakistan, e non solo, milioni di bambini vengono trattati come schiavi, sono costretti a lavorare in fabbriche dove vengono incatenati, picchiati, nonostante lavorino senza sosta. La polizia, pur sapendo dell’esistenza di queste fabbriche, non interviene perché l’unico scopo di arricchirsi. Oggi, però, la speranza di salvarli aumenta di giorno in giorno, influenzata dalle numerose leggi che vietano la negazione dei diritti umani. Aiutare questi ragazzi è la cosa migliore che possiamo fare per poter rimediare a queste sofferenze.
Questo libro mi ha fatto riflettere molto e mi ha fatto pensare a chi, rispetto a me, ha davvero bisogno di aiuto. Normalmente tendiamo a dimenticarci di questi fatti così atroci e questo libro, invece, può aiutarci a ricordare. Ricordare è difficile, ma se non lo facciamo potremmo ripetere gli errori violando i diritti degli altri.


AUTORE: B. Vio
TITOLO: SE SEMBRA IMPOSSIBILE ALLORA SI PUO’ FARE
RECENSIONE DI:   RADAELLI MARGHERITA 3B plesso Dalmazia

Vincitrice delle Paraolimpiadi di Rio 2016 e Tokyo 2020 è Bebe Vio, una ragazza piena di energia e con il sorriso stampato sul viso. Nel 2009 viene colpita da una meningite fulminante che le cambia la vita.
“Quello che mi domandano tutti è come abbia fatto una tenera e indifesa ragazzina di 11 anni senza gambe e senza braccia a ricominciare a vivere e a raggiungere certi obiettivi”.
Già, avete sentito bene, ricominciare a vivere, trovare nove abitudini, provare nuove emozioni, avere nuove sofferenze. Bebe è stata in grado di rinascere, di rialzarsi. Mi colpisce come descriva il fatto di essere tornata dall’ospedale e non essere ricaduta. Già frequentava un corso di scherma, abbastanza brava, e questo per qualche tempo le servì ad adattarsi alle nuove protesi. Era più brava e più abile di prima. Non c’è una singola parola che descriva Bebe scoraggiata, arresa o delusa, costantemente alla ricerca di qualcosa di positivo, incitando gli altri. “Il trucco è trasformare la paura in adrenalina, l’adrenalina in cattiveria agonistica, la cattiveria agonistica in felicità”. Ci sono stati alti e bassi anche per lei, che però è riuscita ad affrontarli grazie alla sua squadra e alla sua famiglia. Realizzare i propri sogni da soli è davvero difficile, raggiungere i propri obiettivi diventa quasi impossibile, non sempre bastano la speranza, la positività e la grinta e lo dice una ragazza che campionessa mondiale di scherma saluta la mamma, il suo allenatore e i compagni di squadra dal podio.
Questo libro ribadisce in diverse pagine la costanza e la perseveranza con cui Bebe sfida la vita e ci invita a farlo. E’ importante però anche non nascondere la paura e cercare costantemente aiuto.
Per fortuna io non ho mai affrontato una tale malattia, ma anch’io pratico uno sport e sono circondata da persone che hanno bisogno del mio aiuto. E’ difficile.
Questo libro, oltre a parlare dell’”avventura” di Bebe Vio, tocca argomenti che ti fanno pensare, ti danno stimoli, ti fanno reagire. “Mai perdere di vista l’obiettivo, non vale accontentarsi. Bisogna lottare fino in fondo, anche se abbiamo paura”.
Bebe approfondisce la descrizione dei suoi sogni, incita a trovarne uno, perché senza sogni non si va da nessuna parte. Vittima di bullismo che, a differenza di molti ragazzi, è riuscita a superare senza mai farsi dire NO. Io non sarei in grado di sopportare tutto questo. Non sono mai stata “bullizzata” ma comprendo la difficoltà di subire certe parole o gesti. Mi rispecchio in parte in lei ma ho molta strada da fare per arrivare ai miei obiettivi a testa alta, come lei è stata in grado di fare.
Consiglio caldamente questo libro a chi è disposto ad apprendere dalle esperienze altrui, essendo scritto in modo informale ti dà l’occasione di essere sostenuto da una persona a te cara. A mio parere tutti i ragazzi sono in grado di leggerlo, in base alla fascia d’età si comprendono aspetti diversi. Ad esempio io lo avevo già letto in prima media, ma ho deciso di rileggerlo quest’estate ed è come se avessi letto un nuovo libro.


AUTORE: V. Mazza
TITOLO: STORIA DI MALALA
RECENSIONE DI: ZAMBRONI STELLA 3H plesso Ascoli

Questo libro racconta la storia di Malala, un’attivista dell’età di 24 anni che si batte per il diritto all’istruzione, soprattutto quello delle ragazze, che al giorno d’oggi nonostante tutto non viene ancora rispettato in tutti i paesi del mondo. Malala ha combattuto pericolose battaglie ed è proprio grazie ai suoi atti eroici che nel 2014 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace. La sua storia coraggiosa inizia nel 2009 in Pakistan, a Mingora, dove vive insieme ai genitori e a due fratelli. E’ una brava studentessa della scuola media, le piace studiare ed è fermamente convinta che l’istruzione sia essenziale per ogni ragazzo. E’ già da due anni che infuria un tremendo conflitto tra i Talebani e l’esercito pakistano e la battaglia si inasprisce ogni giorno. Purtroppo i Talebani riescono ad avere la meglio e puniscono con la morte chi non rispetta le leggi da loro imposte. Tra le tante assurdità privano anche le ragazze della possibilità di andare a scuola. Malala e suo padre, che dirige una scuola femminile, sono furiosi. Passa il tempo ed essi continuano a imporre nuove regole, comunicandole via radio e leggendo i nomi di coloro che le hanno infrante, terrorizzando la popolazione. Malala, sotto il falso nome di Gul Makai, decide di dire ciò che pensa sulla questione dell’istruzione e, grazie a un giornalista amico del padre, racconta le sue giornate e i suoi pensieri.
Il padre, che come lei si era esposto, finisce sulla lista nera e per questo è costretto a fuggire con la sua famiglia. Dopo qualche mese, quando il pericolo sembra passato, la città è stata liberata e la famiglia può tornare a Mingora. Malala rivela la sua vera identità e la sua vita sembra essere tornata alla normalità. Però poco dopo la situazione torna grave e Malala, finita nella lista nera a causa delle sue dichiarazioni, viene ferita in un attentato mentre sta tornando a casa da scuola. Portata d’urgenza in ospedale in Gran Bretagna, viene curata con la speranza che si possa salvare.
Sono numerosi gli insegnamenti di questo libro. Possiamo notare che Malala è molto legata ai genitori e alla famiglia e, lontana da loro, ne sente molto la mancanza. Prova tanto affetto anche nei confronti delle amiche, su cui sa di poter contare nei momenti di difficoltà e viceversa. Nonostante si sfidino nella scrittura o facciano gare e dibattiti, sono amiche speciali e questo serve a rafforzare il loro legame d’amicizia. Un altro tema è sicuramente quello del coraggio e della determinazione, che spingono Malala a rompere il silenzio e a dire la sua, pur sapendo che si sarebbe fatta potenti e numerosi nemici. Infine risalta il tema dell’istruzione, che per Malala è certamente un punto essenziale nella vita di tutti i giovani. Nessuno deve essere privato della possibilità di studiare. Tra le pagine ho letto una frase che mi ha particolarmente colpito e mi è rimasta impressa. “La ricreazione è finita e con essa la possibilità di essere due ragazze normali, almeno per un giorno”. Essa ci mostra come tanti privilegi che noi riteniamo scontati, l’istruzione ad esempio, per alcuni siano diritti inarrivabili, perché sono stati loro negati, come nel caso di Malala.
Ritengo questo libro interessante. Basandosi su una storia vera, permette di conoscere meglio le tradizioni di popoli e famiglie diverse dalla nostra, ampliando la nostra cultura. Mi ha particolarmente colpito l’importanza che l’istruzione abbia per questa ragazza, che dia voce a tutte quelle che, come lei, vengono private della possibilità di studiare. Il lessico è semplice e per questo la lettura è adatta ad adulti e a ragazzi di ogni età.


AUTORE: D. Palumbo
TITOLO: A UN PASSO DA UN MONDO PERFETTO
RECENSIONE DI: MENNINI ALICE 3E plesso Ascoli

Scritto da Daniela Palumbo, giornalista, vincitrice del Premio letterario “Il Battello a Vapore” con un libro riguardante la Shoah, “Le valigie di Auschwitz”, qui tratta un argomento che le sta molto a cuore, che le fa scoprire un mondo passato della storia.
“Dentro a quella divisa a righe troppo grande per lui c’era un uomo che le aveva sorriso. Quel pensiero era una maledetta crepa che avanzava, non si zittiva. Bisognava chiuderla, come si chiude una ferita……Iris aveva paura. Sentiva, senza saperlo, che quella crepa poteva far crollare il mondo che tanto amva”.
Tutto nasce da questo incipit.
Iris Hammer è una bambina di undici anni che si trasferisce da Hannover nei pressi di Berlino a causa del lavoro del padre, un capitano delle SS promosso a vicecomandante di un campo di concentramento. Il suo mondo è perfetto, la sua vita è perfetta, le sue idee sono distinte, non c’è nessuna nuvola oscura. Ma un giorno, nel mezzo di settembre, i suoi occhi vispi e curiosi incontrano quelli spenti e spaesati di un uomo, il nuovo giardiniere ebreo Ivano Cremona. La bambina sa ben poco, quasi nulla, sa solo che arriva ogni mattina presto e va via al tramonto scortato. C’è solo una regola: stargli alla larga perché è troppo pericoloso. Solo che la curiosità ha la meglio e grazie allo scambio di numerosi regali, i due si avvicinano. Tutto è imperfetto, sbagliato e Iris, smarrita, lo sa, lo sente: il suo mondo sta cambiando e non sa come emergere dalle macerie.
Questo romanzo, come la maggior parte degli scritti di questa scrittrice meravigliosa, ha come tema la guerra del 1945 e la Shoah. Ci sono due frasi particolari. “Parole. Fatti. Raacconti. Commenti. Resoconti. Sentenze. Pettegolezzi. Confidenze. Segreti. Era un puzzle che avanzava lentamente. E giorno per giorno diventa un quadro triste che le faceva male”. “Le crepe del suo cuore erano diventate ferite leggibili solo a lei, sapeva che gridavano sofferenza perché dentro c’erano scritti i nomi cari”. Esse sottolineano come una bambina innocente, simpatica e dolce, è all’oscuro di tutto e come si senta diversa quando scopre la verità sul mondo nazista, è diversa da genitori, insegnanti, compagni che le hanno sempre insegnato a venerare Hitler. Si sente una grande crepa. Non è più orgogliosa del lavoro del padre, non rispetta più allo stesso modo i soldati e l’amore della madre per la patria. Non riesce ad accettare la morte di persone innocenti, non riesce a comprendere ciò che le succede intorno. Questo potrà capirlo, le sarà chiaro e nitido solo quando sarà matura e potrà chiedere scusa a chi ha ricevuto dolore e sofferenza dai genitori.
Il libro mi ha colpito, stupito e mi è piaciuto. Non perché la Shoah  mi interessi o mi appassioni ma perché la scrittrice ha deciso di utilizzare il punto di vista di una bambina tedesca, considerata come un nemico e non quello di un ebreo. Esso è nuovo, diverso, parlando da fuori dei campi di concentramento e non da dentro come fanno la maggior parte dei libri che trattano questo periodo storico. Inoltre l’amicizia tra i due mi ha sorpreso e mi ha fatto capire che, se un’amicizia vera riuscirà a vivere negli anni e riuscirà a superare ogni ostacolo e ogni diversità, è qualcosa che si trova a un passo da un mondo perfetto.